La Monroe è riprodotta con la tecnica serigrafica, che permetteva un salto ottico dal bianco e nero della fotografia a colorazioni intense ed esplosive; con questo metodo si fa molto più evidente il distacco dall’immagine originaria e i volti diventano rigidi e privi di qualsiasi individualità.
I ritratti di Marilyn sono dedicati a un’attrice scomparsa, e Warhol li inserì nel ciclo intitolato alla morte: una serie di opere su catastrofi, incidenti, avvelenamenti e sedia elettrica, che rappresentavano l’altra faccia dello stile di vita americano e del suo splendore consumistico. E’ come se il crescente desiderio di consumare della massa fosse solo una maschera per nascondere la consapevolezza e la paura dell’esistenza di qualcosa di irrevocabile, la morte; così solo l’immagine e l’apparenza esteriore sopravvivono, e il mondo interiore e soggettivo deve essere modellato in conformità alla realtà oggettiva.
Così il mito di Marilyn Monroe non sta nella sua bravura come attrice né nella sua prorompente sensualità ma, ancora una volta, nell’incalzante riproposizione della sua immagine da parte dei mezzi di comunicazione di massa. Warhol non si sottrae alla ferrea logica commerciale e lavora a decine di dipinti nei quali riproduce il volto sorridente dell’attrice mutandone semplicemente i colori.
l’incarnato del volto è violaceo e gli occhi sono fortemente bistrati di azzurro, lo stesso dello sfondo. In questo modo il personaggio di riferimento scompare e resta solo la sua immagine: una delle infinite possibili, in quanto nel dipinto successivo, cambiando i colori, anche l’immagine non sarà più la stessa. L’infinita ripetitività finisce per togliere espressività e se è vero che la conoscenza aiuta la comprensione, la troppa conoscenza quando diventa indigestione visiva, consuma impietosamente l’oggetto, rendendolo subito vecchio e richiedendone uno sempre nuovo, pronto per sostituirlo.
la bellezza delle cose altrui
La vita è sostanzialmente incoerente e la prevedibilità dei fatti una illusoria consolazione.
Alessandro Baricco, Castelli di Rabbia
Lyndon Wade è un fotografo americano di Kansan City, iperattivo nel campo della pubblicità, è uno che dell’esagerazione ha fatto un’arte ed una professione. Sarà per questa sua particolare deformazione professionale che riesce a trasferire anche nei suoi progetti fotografici non-commerciali quel senso di finzione che contraddistingue i suoi vero-simili personaggi. A ben guardare però, questi scatti, presi dalla serie room 107 non si distaccano poi tanto dalla realta`quello che succede in una camera d`albergo di solito e`un segreto per chi c`e` dentro diventa un mondo dove nessuno può entrare e nessuno può guardare; cose impensabili succedono tanto da poter dire li dentro la realta`supera di gran lunga l`immaginazione.
materiale reperito e Copyright © dal sito http://thewadebrothers.com/ utilizzato per scopo divulgativo
gocce scritte pensando che quello che non si fa non si sa
seguila guardala spiala
la tua donna
la tua unica
l`amore di una vita
la tua vita…..
mentre entra in quel hotel
scruta i suoi movimenti poi
fissa bene nella mente
quello che vedrai forse è qualcosa che non avresti mai voluto vedere
o forse si???
Valentina nasce nel 1965 da uno dei disegnatori più geniali e innovativi della storia del fumetto: Guido Crepax, un grafico pubblicitario e illustratore di successo, scomparso il 31 luglio 2003 a Milano all’età di 70 anni. La prima pubblicazione di Valentina comparve all’interno della rivista mensile “Linus” e si intitolava “La curva di Lesmo“. A dire il vero, il protagonista iniziale di quella storia era Philip Rembrandt, alias Neutron, un critico d’arte investigatore dilettante, dotato di particolari poteri psichici, che gli consentivano di paralizzare con lo sguardo, qualsiasi individuo o qualsiasi macchina, questa capacità era dovuta al suo legame di parentela con i cavalieri degli abissi, una popolazione cieca che viveva nel sottosuolo a 20.000 mt di profondità. Philip Rembrandt è fidanzato con Valentina Rosselli, una bella e sensuale fotografa caratterizzata da un caschetto nero e somigliate all’attrice del cinema muto Louise Brooks.
Ben presto Valentina grazie al suo carisma e al successo di pubblico, scalza il protagonista Philip Rembrandt, conquistandosi il ruolo di protagonista in tutte le storie seguenti. Ciò che colpisce maggiormente di questo personaggio, che si rivolge chiaramente ad un pubblico adulto, sono i suoi viaggi onirici, ricchi di simbologia surrealista, un capolavoro di introspezione psicologica, che la vedono spesso e volentieri sconfinare nel mondo dell’eros. Ma ciò che contraddistingue l’originalità grafica del fumetto di Guido Crepax è proprio lo stile delle inquadrature e la disposizione delle vignette all’interno della tavola, che ne accrescono il potere espressivo, sempre funzionale alla storia e che contribuisce ad esempio ad amplificare la dinamicità di un movimento, o a mettere in evidenza un dettaglio, oppure a comunicare un sentimento attraverso un immagine simbolo, che il lettore dovrà codificare in maniera personale. Tutto questo ci fa capire come il fumetto non è un arte subordinata al cinema o al cartone animato, per il semplice motivo che questo fascino narrativo è irripetibile con qualsiasi altra arte. Nello stile grafico di Valentina possiamo trovare tantissimi riferimenti ai pittori dell’art nouveau, come Gustav Klimt oppure al cinema espressionista di Ejzenštejn o di Ingmar Bergman. Valentina si contraddistingue da tutti gli altri personaggi dei fumetti in quanto come tutti gli essere umani invecchia, nella sua ultima storia infatti, realizzata nel 1995, Valentina compie 53 anni e segna la sua uscita di scena dal mondo dei fumetti con l’episodio dal titolo “Al diavolo Valentina!“. Valentina è anche approdata a una serie di 13 telefilm trasmessi in Italia, Germania, Svizzera e Stati Uniti, che avevano come attrice protagonista la bella Demetra Hampton. Fra le storie più famose di Valentina ricordiamo oltre a La curva di Lesmo, I sotterranei, La Marianna la va in campagna, Baba Yaga, Il falso Kandinsky, Sindrome di Moore
A Guido Crepax va il merito di aver realizzato altri capolavori fumettistici come la traduzione a fumetti dei classici della letteratura horror come “Dracula“, “Jekyll“, “Il Processo” e “Frankenstein“, mentre per la serie “Un uomo un avventura” ha realizzato gli splendidi “L’uomo di Pskov” sulla rivoluzione russa e “L’uomo di Harlem” sul jazz. Oltre a Valentina, Guido Crepax ha ideato e disegnato altri personaggi femminili tutti altrettanto attraenti e sensuali come ad esempio Belinda nel 1967, Anita nel 1971 e Bianca nel 1968 che lo stesso autore ritiene sia il suo personaggio più riuscito.
Valentina è Copyright © Guido Crepax e degli aventi diritto e vengono qui utilizzati esclusivamente a scopi conoscitivi e divulgativi.
questo e`un bellissimo documentario trasmesso da RAI1
gocce scritte pensando a quanto sarebbe bello essere un fumetto
dedicato a M.
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